sabato 31 agosto 2013

Il canto

Lessi questo brano (che per me è alta poesia) nella casa per gli ospiti della missione di Lodokejek (Kenya), dove con i miei compagni di corso mi recai nel gennaio 2006 per ricordare i dieci anni di ordinazione sacerdotale, isieme a don Mauro, all'epoca in servizio presso quella parrocchia. Era appesa alla piglia centrale del soggiorno: non potei fare a meno di trascriverla, talmente mi parve espressiva del misterioso rapporto che l'Africa instaura con chi vi abita, come una sorta di mal d'Africa visto e vissuto dal di dentro. La poesia era firmata K. B. Ma chi mai poteva essere questo autore, mi chiedevo nella mia ignoranza? Era la grande Karen Blixen, l'autrice tra l'altro de "Il pranzo di Babette", e il brano è tratto da "La mia Africa", noto a tutti per l'omonimo film. Sono certo che lei non me ne vorrà e che voi mi comprenderete se la colloco qui nel mio blog, nel quale per motivi tecnici che non so superare io compaio come autore anche delle  poesie non mie, ma che amo e che desidero far conoscere



"Io conosco il canto dell'Africa, 
della giraffa 
e della luna nuova africana 
distesa sul suo dorso, 
degli aratri nei campi 
e delle facce sudate 
delle raccoglitrici di caffè. 

Ma l'Africa conosce il mio canto? 
L'aria sulla pianura fremerà a un colore 
che io ho avuto su di me? 
E i bambini inventeranno un gioco 
nel quale ci sia il mio nome? 
O la luna piena farà un'ombra, 
sulla ghiaia del viale, 
che mi assomigli? 
E le aquile sulle colline Ngong 
guarderanno se ci sono?"






KAREN BLIXEN (1885 - 1962)

domenica 9 settembre 2012

The Wild Swans at Coole (W.B. Yeats)


Ritengo non opportuno, oltre che ingiusto, tentare di battezzare a tutti i costi chi ha liberamente voluto cercare in vie diverse dal Vangelo un senso per la propria vita (senza peraltro riuscirvi). Neppure mi interessa se, in base a certa critica, quello che propongo non sia lo Yeats più maturo (a me comunque questa composizione piace molto, anzi la preferisco a  tutte le altre di Yeats).  Mi importa e mi colpisce, oltre l'indubitabile maestria poetica dell'autore, l'onesta nostalgia, unita a quel non so che di infantile, che impediscono a lui come a tutti i veri poeti di chiudere definitivamente i conti con l'infinito, anche quando non credono che un dio vi abiti. 
Si tratti di un colle o di una siepe, come in Leopardi; oppure di un lago e di 59 cigni, come in Yeats; o ancora della stessa sera, come per Foscolo: essi ci insegnano che c'è qualcosa di caro, profondamente caro, a cui noi non possiamo completamente sottrarci e che mantiene viva in noi una ferita sanguinante, dal cui dolore non possiamo (e non dobbiamo) separarci mai. Perché, forse, essa è l'intima garanzia che, nonostante tutto, possiamo ancora dirci umani: proprio come quelle ferite che, rimanendo aperte, permettono agli organi circostanti di non subire attacchi e guasti dall'infezione.




The Wild Swans at Coole



The trees are in there autumn beauty,
The woodland paths are dry,
Under the October twilight the water
Mirrors a still sky;
Upon the brimming water among the stones
Are nine-and-fifty swans.


The nineteenth autumn has come upon me
Since I first made my count;
I saw, before I had well finished,
All suddenly mount
And scatter wheeling in great broken rings
Upon their clamorous wings.

I have looked upon those brillant creatures,
And now my heart is sore.
All’s changed since I, hearing at twilight,
The first time on this shore,
The bell-beat of their wings above my head,
Trod with a lighter tread.


Unwearied still, lover by lover,
They paddle in the cold
Companionable streams or climb the air;
Their hearts have not grown old;
Passion or conquest, wander where they will,
Attend upon them still.


But now they drift on the still water,
Mysterious, beautiful;
Among what rushes will they build.
By what lake’s edge or pool
Delight men’s eyes when I awake some day
To find they have flown away?



William Butler Yeats, 1919




I Cigni Selvatici a Coole*



Gli alberi sono nella loro bellezza autunnale,
I sentieri del bosco sono asciutti,
E l’acqua nel tramonto d’ottobre
Specchia un cielo immobile;
Sull’acqua traboccante fra le pietre
Cinquantanove cigni stanno.


Già diciannove autunni son passati
Da quando li contai la prima volta;
E prima ancora che avessi terminato
Li vidi all’improvviso alzarsi in volo
E in vasti cerchi infranti roteando sperdersi
Sull’ali clamorose.


Quelle creature splendenti ho contemplato,
E mi dolora cuore. E’ tutto
Mutato ormai da quando nel tramonto
Su questa riva intesi per la prima volta
Come rintocchi di campana sul mio capo battere Le loro ali, e camminavo agile.


Instancabili ancora, in coppie innamorate,
Solcano quasi remando l’acqua gelida
Delle correnti amiche o ascendono nell’aria;
I loro cuori sono ancora giovani; e ovunque
Vadano errando, passione o conquista
Tuttora li accompagna.


Ma ora ecco, misteriosi e belli,
Scivolano sopra l’acqua immobile;
Fra quali giunchi costruiranno il nido,
Presso che riva di lago o di stagno
Delizieranno mai gli occhi degli uomini il giorno
Che io mi sveglierò, e troverò che son volati via?




* Traduzione di Roberto Sanesi, in W.B. Yeats, Poesie, Mondadori, 1991 p. 156