Ritengo non opportuno, oltre che ingiusto, tentare di battezzare a tutti i costi chi ha
liberamente voluto cercare in vie diverse dal Vangelo un senso per la propria
vita (senza peraltro riuscirvi). Neppure mi interessa se, in base a certa
critica, quello che propongo non sia lo Yeats più maturo (a me comunque questa
composizione piace molto, anzi la preferisco a tutte le altre di Yeats).
Mi importa e mi colpisce, oltre l'indubitabile maestria poetica
dell'autore, l'onesta nostalgia, unita a quel non so che di infantile, che
impediscono a lui come a tutti i veri poeti di chiudere definitivamente i conti
con l'infinito, anche quando non credono che un dio vi abiti.
Si
tratti di un colle o di una siepe, come in Leopardi; oppure di un lago e di 59
cigni, come in Yeats; o ancora della stessa sera, come per Foscolo: essi
ci insegnano che c'è qualcosa di caro, profondamente caro, a cui noi non
possiamo completamente sottrarci e che mantiene viva in noi una ferita
sanguinante, dal cui dolore non possiamo (e non dobbiamo) separarci mai.
Perché, forse, essa è l'intima garanzia che, nonostante tutto, possiamo ancora
dirci umani: proprio come quelle ferite che, rimanendo aperte, permettono agli
organi circostanti di non subire attacchi e guasti dall'infezione.
The Wild Swans at Coole
The trees are in there autumn beauty,
The woodland paths are dry,
Under the October twilight the water
Mirrors a still sky;
Upon the brimming water among the stones
Are nine-and-fifty swans.
The nineteenth autumn has come upon me
Since I first made my count;
I saw, before I had well finished,
All suddenly mount
And scatter wheeling in great broken rings
Upon their clamorous wings.
I have looked upon those brillant creatures,
And now my heart is sore.
All’s changed since I, hearing at twilight,
The first time on this shore,
The bell-beat of their wings above my head,
Trod with a lighter tread.
Unwearied still, lover by lover,
They paddle in the cold
Companionable streams or climb the air;
Their hearts have not grown old;
Passion or conquest, wander where they will,
Attend upon them still.
But now they drift on the still water,
Mysterious, beautiful;
Among what rushes will they build.
By what lake’s edge or pool
Delight men’s eyes when I awake some day
To find they have flown away?
William Butler Yeats,
1919
I Cigni Selvatici a Coole*
Gli alberi sono nella loro
bellezza autunnale,
I sentieri del bosco sono
asciutti,
E l’acqua nel tramonto d’ottobre
Specchia un cielo immobile;
Sull’acqua traboccante fra le
pietre
Cinquantanove cigni stanno.
Già diciannove autunni son
passati
Da quando li contai la prima volta;
E prima ancora che avessi
terminato
Li vidi all’improvviso alzarsi
in volo
E in vasti cerchi infranti roteando
sperdersi
Sull’ali clamorose.
Quelle creature splendenti ho
contemplato,
E mi dolora cuore. E’ tutto
Mutato ormai da quando nel
tramonto
Su questa riva intesi per la
prima volta
Come rintocchi di campana sul
mio capo battere Le loro ali, e camminavo agile.
Instancabili ancora, in coppie innamorate,
Solcano quasi remando l’acqua
gelida
Delle correnti amiche o ascendono
nell’aria;
I loro cuori sono ancora
giovani; e ovunque
Vadano errando, passione o
conquista
Tuttora li accompagna.
Ma ora ecco, misteriosi e
belli,
Scivolano sopra l’acqua
immobile;
Fra quali giunchi costruiranno
il nido,
Presso che riva di lago o di
stagno
Delizieranno mai gli occhi degli
uomini il giorno
Che io mi sveglierò, e troverò che
son volati via?
* Traduzione di Roberto Sanesi, in W.B. Yeats, Poesie, Mondadori, 1991 p.
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